La carenza di sangue è un problema che sta attanagliando tutti gli ospedali d’Italia, motivo che ha richiesto da più fronti appelli collettivi per invitare i donatori a recarsi nei Centri Trasfusionali per poter garantire almeno le sacche necessarie per le terapie salvavita.
Non è stato esente dalla problematica l’ospedale “San Carlo” di Potenza che nei giorni scorsi ha lanciato un forte invito a recarsi a donare perché per la prima volta sono stati mandati a casa, temporaneamente, dei pazienti per carenza di sacche per le trasfusioni. Per comprendere i motivi legati alla carenza di sangue e unirci all’appello del “San Carlo” a diffondere la cultura di donare il sangue, abbiamo parlato con il dottor Michele Pizzuti, responsabile dell’U.O.C. di Ematologia, e con la dottoressa Maria Pafundi, responsabile dell’U.O. di Medicina Trasfusionale.
“Per la prima volta – spiega il dottor Pizzuti – abbiamo mandato a casa dei pazienti, è vero, ma bisogna sottolineare che non erano in pericolo di vita. E’ comunque necessaria anche per loro la trasfusione ma a causa dell’assenza di sacche di sangue abbiamo dovuto dare priorità ai pazienti che ne avevano più bisogno, per poi riorganizzarci in base alle disponibilità e richiamare chi non ha avuto la trasfusione”.
Stando ad una stima generale, dopo l’estate è sempre più diffusa la carenza, ma quest’anno “probabilmente per la popolazione più anziana, un numero più alto di giovani residenti al Nord, abbiamo una mancanza di sacche. Negli anni passati – ricorda la dottoressa Pafundi – già si registrava una carenza di questi periodi perché in estate ci sono più incidenti, il caldo accentua il fabbisogno per i pazienti cronici e i donatori sono spesso in vacanza. Altro motivo è che quest’anno la carenza è stata sentita in tutta Italia, quindi le regioni virtuose non hanno potuto sostenere quelle in cui c’era carenza. Ad esempio, in Sicilia hanno dovuto appellarsi al Prefetto perché non c’erano sacche per pazienti talassemici ma noi non abbiamo avuto un’emergenza a questo livello. E’ vero, in Basilicata abbiamo risentito della carenza ma siamo riusciti comunque a garantire le terapie a tutti i pazienti”.
- Dottor Pizzuti, principalmente quali pazienti hanno bisogno di trasfusioni ed esistono dei farmaci che possono sostituire il sangue o posticiparne l’utilizzo?
Il sangue è necessario per trattare pazienti che hanno subito trapianti, che hanno leucemie acute, mielodisplasie o più in generale che devono essere sottoposti a interventi importanti, per citarne alcuni. Non esistono farmaci in grado di sostituire il sangue in quanto è un materiale biologico. Esistono però dei farmaci che vanno a stimolare il midollo per produrre le sostanze necessarie per evitare di trasfondere. Preferiamo intervenire in questo modo quando si può ma in alcuni casi fare queste terapie non è possibile, si pensi agli anziani che non reagiscono più a queste cure oppure ai casi urgenti come le leucemie acute. Naturalmente sappiamo che il sangue è ricco di ferro quindi se ci sono delle carenze di questo tipo si fanno terapie mirate.
- Dottoressa Pafundi, rispetto agli scorsi anni ha notato delle variazioni in termini di volontari che donano il sangue in Basilicata?
Sì, in positivo. Quest’anno c’è stato un leggero aumento dei volontari che si sono recati a donare, non solo presso il Centro Trasfusionale ma anche nei punti di raccolta Avis e Fidas. Voglio ricordare che in Basilicata ne abbiamo 82 e tutte le comunità vengono coinvolte nelle giornate di raccolta. Sono inoltre commossa dall’affluenza degli ultimi giorni a fronte dell’avviso di carenza, una situazione analoga si era verificata durante il Covid. Questo fa emergere che i cittadini capiscono l’importanza e il valore della donazione.
- Qual è, infine, il vostro appello?
Il mio appello è quello di rivolgersi alle associazioni che si occupano delle donazioni, come Avis e Fidas, perché una volta diventati donatori si occuperanno loro di chiamare i volontari in caso di necessità. Resta comunque a disposizione il Centro Trasfusionale ma le associazioni che sono sempre in contatto con gli ospedali conoscono le nostre necessità e sanno gestire al meglio la situazione. C’è da capire che non bisogna fare la corsa nei Centri di trasfusione soltanto quando si parla di emergenza solo perché mossi dalla coscienza ma bisogna recarsi regolarmente a donare. Dico questo perché non ci servono 1000 sacche di sangue in frigo, anche perchè il sangue scade. Non possiamo restare a secco ma non dobbiamo neanche eccedere con le quantità, sarebbe uno spreco. Sono venuto a conoscenza dell’affluenza che c’è stata nei giorni scorsi da parte dei volontari e questo mi fa immensamente piacere, vuol dire che qualcosa si è mosso.
A mio avviso va incentivata la cultura della donazione tra i giovani – sottolinea la dottoressa Pafundi -. Molti giovani lucani vanno via e quando tornano si recano nei punti di raccolta del sangue e questo mi fa ben sperare. I donatori, però, sono perlopiù adulti o anziani, quindi bisogna attirare nuovi volontari e diffondere la cultura della donazione. Ricordo infatti che donando non solo si salvano delle vite ma si tiene sotto controllo anche il proprio stato di salute. Nella nostra regione, poi, creiamo un vero e proprio legame con i nostri volontari, li teniamo sotto controllo e li seguiamo dal punto di vista medico. Eseguiamo esami del sangue approfonditi che vanno anche oltre quelli prescritti per legge, nessuno ci obbliga ma ci teniamo a farlo ed inoltre indirizziamo i pazienti verso gli specialisti in caso di necessità e tutto questo in maniera totalmente gratuita. Avis e Fidas stanno svolgendo un lavoro eccezionale portando le loro attività anche nelle scuole, dobbiamo continuare su questa strada e diffondere la cultura della donazione nel tempo.
Per donare il sangue bisogna godere di un buono stato di salute, pesare più di 50 kg e avere dai 18 ai 60 anni per i volontari che donano per la prima volta e dai 18 ai 65 anni per i volontari assidui. Prima della fase di prelievo i medici trasfusionisti si occuperanno di raccogliere tutti i dati utili per l’anamnesi.