
Il numero dei giovani presenti in Italia è crollato. Ad affermarlo è la ricerca di Cgia Mestre, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre.
L’Associazione ha comparato le nascite e i residenti giovani nel 2014 e nel 2024. Il risultato è che negli ultimi dieci anni la popolazione italiana nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni è diminuita di quasi 750mila unità, pari al -5,8%.
Nel 2014 avevamo poco più di 12,8 milioni di giovani; nel 2024 ci troviamo con meno di 12,1 milioni. Questa contrazione ha colpito il Centro con il 4,9% e, in particolare, il Mezzogiorno, con una riduzione allarmante del -14,7%. Al Nord, invece, il saldo di quasi tutte le regioni è preceduto dal segno più. Le previsioni, tuttavia, non sono affatto rassicuranti: la denatalità continuerà a fare sentire i suoi effetti negativi in tutto il Paese.
Dei 747.672 giovani in meno registrati nell’ultimo decennio (2014 – 2024), ben 730.756 sono riconducibili al Mezzogiorno e altri 119.157 si riferiscono al Centro. Il Nord, invece, ha ottenuto un buon risultato, in parte ascrivibile alla presenza degli stranieri e alla migrazione dei giovani dal Sud.
In Campania la popolazione giovanile nel 2014 era di 1.467.789 residenti, nel 2024 è di 1.284.469 abitanti. La prima provincia campana per perdita di giovani è quella di Avellino, seguita da Benevento. Poi c’è Salerno che è passata da 268.668 a 229.624 giovani residenti registrando quindi un -14,5%.
Cgia, in aggiunta alla diminuzione, ritiene ci siano altri indicatori negativi che determinano la contrazione della platea giovanile: l’Italia, infatti, presenta il tasso di occupazione, il livello di istruzione tra i più bassi d’Europa e l’abbandono scolastico rimane una problematica significativa soprattutto nelle regioni meridionali.
Dai dati resi noti si evince che nei prossimi decenni queste criticità potrebbero avere ripercussioni gravissime sul mondo imprenditoriale. Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è sempre più evidente e richiede scelte politiche urgenti investendo, in particolare, molte più risorse nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale.