– Lettera Aperta alla redazione – di Franco Iorio
Federalismo alla rovescia: Comuni più poveri e cittadini più tassati
Non fosse che per qualche voce sparuta, il Mezzogiorno con la sua eterna insoluta “questione” è scomparso da tempo dall’orizzonte politico. Non se ne parla proprio, nemmeno per promettere un ponte anche dove non c’è un fiume! Men che meno l’accesa campagna elettorale ormai alla conclusione ha chiarito possibili percorsi in prospettiva di crescita e di progresso: il lavoro è rimasto il grande assente, del concetto del “bene comune” neppure l’ombra.
Ancor peggio, poi, l’imbarazzato silenzio sulla proposta leghista di trattenere nelle casse delle Regioni del Nord il 75% delle risorse prodotte sul territorio, così costituendo la macroregione su cui issare la bandiera del “Sole delle Alpi”. Gli alleati di riferimenti, attivamente in giro anche nel nostro Vallo di Diano, si sono ben guardati dal dire che se quel 75% diventasse realtà, addio Stato centrale messo nella impossibilità di pagare la scuola, le Forze dell’Ordine, la sanità già disastrata e i trasporti al lumicino, quel che rimane del sistema sociale e il finanziamento di opere pubbliche. Nessun accenno, dunque, sull’accordo che ha sancito il patto che potrebbe assestare al Mezzogiorno il colpo mortale.
Perché, in caso di vittoria Pdl-Lega Nord, Roberto Maroni pretenderà di incassare la cambiale e a quel punto del bel Paese rimarrà il lungo stivale bagnato da quattro mari. Ma è sui Comuni che dobbiamo fare una riflessione, perché se con il pagamento dell’Imu sono stati messi in ordine i conti dello Stato, quelli dei Comuni sono rimasti asciutti e i Sindaci denunciano la insostenibilità dei bilanci disastrati.
Lo sforzo chiesto agli italiani nel 2012 ha prodotto una ripercussione o contraccolpo che dir si voglia perchè i Comuni sui quali si sono abbattuti i tagli enormi di risorse statali, si sono trovati costretti ad aumentare le aliquote base. Occorre chiarire in proposito che i calcoli ministeriali denunciano un gettito inferiore di quasi un miliardi rispetto a quello presunto, sicché i tagli ai Comuni risultano ancor più penalizzanti proprio perché calcolati in base agli incassi preventivati. Dunque, Comuni più poveri rispetto alla vigenza dell’Ici e contemporaneamente cittadini più tartassati.
Certo che possiamo congratularci con i nostri governanti: economisti da strapazzo e ministri finanziari creativi! Le manovre che sono state scaricate dai Governi sulle entrate comunali pesano come macigni. Calcoli più che attendibili ne fanno ammontare l’importo a circa otto miliardi, mentre le regole del cosiddetto “patto di stabilità” hanno reso più stringenti i vincoli di spesa pubblica, bloccando in pratica la parte devoluta agli investimenti-opere pubbliche e compromettendo la qualità dei servizi essenziali. Vorremmo chiedere a questi signori (mai scriverei “nani e ballerine”) in giro in questo dimenticato Vallo di Diano che ne è stato del federalismo fiscale, del fondo perequativo necessario per colmare i divari fra le capacità fiscali, degli interventi per la scuola e l’istruzione pubblica, solo per citare a caso fra le tante troppe promesse.
Si era parlato di quantificare i “fabbisogni standard” attraverso un percorso flessibile e progressivo di superamento della spesa storica dei Comuni così da portare i bilanci a livelli di quasi totale autonomia finanziaria. Doveva essere una evoluzione per la riqualificazione della spesa allo scopo di renderla più efficiente anche tramite il raffronto e lo studio di una equilibrata imposizione fiscale propria del Comune.
Oggi viviamo un “federalismo alla rovescia”: al posto di potenziare autonomia e responsabilità, decentrando compiti e obblighi e così uniformando il potere di spesa con la leva fiscale, i nostri Comuni rimangono assegnatari di scelte governative e di tagli insostenibili. Siamo arrivati al fondo: non ci sarebbe da meravigliarsi se domani le porte dei Comuni restassero chiuse.
Da cittadini abbiamo il dovere chiederci però chi ci ha portati a questo livello e …ringraziarlo come sappiamo fare noialtri meridionali!
Ancor peggio, poi, l’imbarazzato silenzio sulla proposta leghista di trattenere nelle casse delle Regioni del Nord il 75% delle risorse prodotte sul territorio, così costituendo la macroregione su cui issare la bandiera del “Sole delle Alpi”. Gli alleati di riferimenti, attivamente in giro anche nel nostro Vallo di Diano, si sono ben guardati dal dire che se quel 75% diventasse realtà, addio Stato centrale messo nella impossibilità di pagare la scuola, le Forze dell’Ordine, la sanità già disastrata e i trasporti al lumicino, quel che rimane del sistema sociale e il finanziamento di opere pubbliche. Nessun accenno, dunque, sull’accordo che ha sancito il patto che potrebbe assestare al Mezzogiorno il colpo mortale.
Perché, in caso di vittoria Pdl-Lega Nord, Roberto Maroni pretenderà di incassare la cambiale e a quel punto del bel Paese rimarrà il lungo stivale bagnato da quattro mari. Ma è sui Comuni che dobbiamo fare una riflessione, perché se con il pagamento dell’Imu sono stati messi in ordine i conti dello Stato, quelli dei Comuni sono rimasti asciutti e i Sindaci denunciano la insostenibilità dei bilanci disastrati.
Lo sforzo chiesto agli italiani nel 2012 ha prodotto una ripercussione o contraccolpo che dir si voglia perchè i Comuni sui quali si sono abbattuti i tagli enormi di risorse statali, si sono trovati costretti ad aumentare le aliquote base. Occorre chiarire in proposito che i calcoli ministeriali denunciano un gettito inferiore di quasi un miliardi rispetto a quello presunto, sicché i tagli ai Comuni risultano ancor più penalizzanti proprio perché calcolati in base agli incassi preventivati. Dunque, Comuni più poveri rispetto alla vigenza dell’Ici e contemporaneamente cittadini più tartassati.
Certo che possiamo congratularci con i nostri governanti: economisti da strapazzo e ministri finanziari creativi! Le manovre che sono state scaricate dai Governi sulle entrate comunali pesano come macigni. Calcoli più che attendibili ne fanno ammontare l’importo a circa otto miliardi, mentre le regole del cosiddetto “patto di stabilità” hanno reso più stringenti i vincoli di spesa pubblica, bloccando in pratica la parte devoluta agli investimenti-opere pubbliche e compromettendo la qualità dei servizi essenziali. Vorremmo chiedere a questi signori (mai scriverei “nani e ballerine”) in giro in questo dimenticato Vallo di Diano che ne è stato del federalismo fiscale, del fondo perequativo necessario per colmare i divari fra le capacità fiscali, degli interventi per la scuola e l’istruzione pubblica, solo per citare a caso fra le tante troppe promesse.
Si era parlato di quantificare i “fabbisogni standard” attraverso un percorso flessibile e progressivo di superamento della spesa storica dei Comuni così da portare i bilanci a livelli di quasi totale autonomia finanziaria. Doveva essere una evoluzione per la riqualificazione della spesa allo scopo di renderla più efficiente anche tramite il raffronto e lo studio di una equilibrata imposizione fiscale propria del Comune.
Oggi viviamo un “federalismo alla rovescia”: al posto di potenziare autonomia e responsabilità, decentrando compiti e obblighi e così uniformando il potere di spesa con la leva fiscale, i nostri Comuni rimangono assegnatari di scelte governative e di tagli insostenibili. Siamo arrivati al fondo: non ci sarebbe da meravigliarsi se domani le porte dei Comuni restassero chiuse.
Da cittadini abbiamo il dovere chiederci però chi ci ha portati a questo livello e …ringraziarlo come sappiamo fare noialtri meridionali!
– Franco Iorio –