Jorit, l’artista noto per i ritratti giganti che campeggiano sui muri delle città, è per la prima volta nel Vallo di Diano, precisamente a Buonabitacolo.
L’artista napoletano Ciro Cerullo utilizza l’arte per tramettere messaggi universali, per questo sceglie figure che sono passate alla storia per il loro impegno politico, sociale e per le battaglie che hanno intrapreso. Diversi sono i volti che ha ritratto nel mondo: Nelson Mandela e Maradona, solo per citarne alcuni.
Per un progetto che vede coinvolto il Comune di Buonabitacolo, con quello di Casalbuono come capofila e la Società Cooperativa “Il Sentiero” come soggetto attuatore, Jorit ha scelto di ritrarre Vincent Van Gogh, artista olandese passato alla storia per le sue opere iconiche, come “Girasoli” e “La notte stellata”.
Incuriositi e orgogliosi della sua presenza nel nostro territorio lo abbiamo incontrato.
- Come mai hai scelto Van Gogh per questa tua opera?
E’ una figura che volevo ritrarre da un sacco di tempo perché tutta la mia famiglia è olandese e ho anche dei parenti che hanno vissuto proprio in una sua casa. A parte il legame affettivo, ritengo che l’artista fosse una persona estremamente sensibile e penso che nella società di oggi ci vuole proprio quella sensibilità. Lui era patologico, ma ho voluto richiamare quella sensibilità che oggi manca: Van Gogh attraverso la pittura ha sostenuto battaglie in favore dei contadini, degli ultimi, dei disagiati. L’artista olandese è uno dei pittori maledetti che avevano questa estrema sensibilità verso il mondo, riuscendo a sentire le sue problematiche: per questo ho scelto di ritrarlo qui a Buonabitacolo. Non è un’opera contestualizzata, proprio perché a me piace portare elementi da fuori per arricchire il luogo, ma soprattutto per portare messaggi universali. Come ho fatto a Napoli dove ho ritratto Martin Luther King che non era parte del vissuto della città. Mi piace spiazzare con simboli diversi dai soliti. Quanto più piccolo è il paese, tanto più bello è portare elementi da fuori.
- Lo scorso anno la scena del tuo abbraccio con Putin ha fatto il giro del mondo suscitando critiche e divisioni. Qual è la tua posizione riguardo ai conflitti bellici che si sono aperti nel mondo?
Come ho detto in quell’occasione, ribadisco che l’unica strada da intraprendere era ed è quella del dialogo se non si voleva sfociare in un conflitto termonucleare. Le mie parole si sono rivelate piene di verità: adesso le parti politiche stanno iniziando a comunicare, però adesso è proprio Putin che non vuole la trattativa perché sono cambiate le condizioni ed essendo lui in una posizione di ulteriore forza, magari è proprio lui che desiste. L’anno scorso forse c’erano più possibilità. Non volevo fare “la Cassandra”, ma in qualche modo l’avevo previsto.
- Secondo te esiste una vittima e un carnefice o siamo tutti vittime di guerra?
Essendo stato in Ucraina posso dire che la contrapposizione vincitori e vinti banalizza 13-14 anni di conflitto. Lì la popolozione aggredita è quella russofona del Donbass che si sente russa e vuole stare con la Russia. Dalla strage di Odessa è iniziato un percorso di attacco verso le comunità russofone, appoggiate da Putin. Dopo 10 anni c’è stato poi l’intervento russo. In definitiva siamo tutti vittime, ma non si tratta della lotta tra il bene e il male, in particolare in quella terra in cui sono stato e posso dire che non è così banale la questione.
- L’arte che ruolo ha nella società?
Penso che l’artista sia una persona che vede le cose senza essere legato a particolari dinamiche politiche. E’ una persona libera che può dire la verità o almeno questo è quello che ho sempre fatto. A me non interessa di essere osannato o criticato, a me importa cercare la verità e dire la verità. Ad esempio, se voglio esprimermi con l’arte sul conflitto israelo-palestinese, vado in Palestina e cerco di capire come stanno le cose sul posto. Ho cercato di viaggiare quanto più possibile nella mia vita per comprendere ed interrogarmi sul mondo, per essere una persona libera da condizionamenti politici ed economici. Faccio arte per passione non per guadagno. Le persone dovrebbero guardare agli artisti liberi per avere un punto di vista diverso e non venduto a questo o a quell’altro schieramento.
- Credi che il messaggio veicolato tramite le forme artistiche riesca ad arrivare alle persone e ad innescare una riflessione?
Secondo me sì. Con la mia arte sono riuscito a creare qualche polemica, a provocare dibattito. Ritengo che questo sia il ruolo dell’arte e se non lo fa diventa solo abbellimento e non serve a niente. Tramite l’arte ci si può confrontare e arrivare ad una sintesi superiore rispetto alle contingenze. Questo è il suo ruolo intrinseco. Se penso alle opere di Maurizio Cattelan, che non amo particolarmente, dico che sono un mezzo per interrogarsi sugli aspetti della società.
- I tuoi ritratti portano graffi rossi sul volto, tipico simbolo nigeriano che indica il passaggio all’età adulta e quindi l’ingresso nella tribù. Traslando questi tratti in maniera universale tu parli di tribù umana. Come sta oggi la tribù umana? Si è disunita (citando Sorrentino)?
Non ho una visione positivista del futuro. Non credo che le cose debbano aggiustarsi per forza, anzi penso che possano andare anche molto male però non posso prevedere il futuro. Spero nel bene, ma le minacce all’umanità tra conflitti bellici e mezzi tecnologici che non si possono controllare non mi fanno essere ottimista verso il futuro, anzi la vedo proprio male.
- E’ la prima volta che vieni a Buonabitacolo e quindi nel Vallo di Diano? Che impressione hai avuto del territorio?
Ho ricevuto davvero una bella accoglienza soprattutto da parte dei ragazzi. Nei piccoli paesi ritrovo più cuore: le persone sono più sincere e accolgono con entusiasmo spontaneamente. E’ come se fosse una piccola famiglia. Io sono cresciuto in una periferia di Napoli e anche lì c’era quest’aria di paese.