L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha affrontato un nuovo studio sul vulcano sottomarino Marsili, il più grande vulcano d’Europa e del Mediterraneo situato nelle acque del Cilento.
Nel 2015 era stata sviluppata un’analisi del vulcano, ma studi recenti hanno contribuito ad approfondire ulteriormente le conoscenze sulla sua morfologia, struttura interna e pericolosità collegata a eventuali tsunami. Grazie all’osservazione dei dati geofisici e ai campioni di rocce prelevati dalla sommità del Marsili sappiamo che il complesso vulcanico è lungo circa 70 chilometri e largo 30. Per la sua estensione ricopre il Tirreno Meridionale a metà strada tra Palermo e il Cilento, a nord delle isole Eolie. La sua sommità è a circa 500 m di profondità.
Attualmente il Marsili è interessato da un’attività idrotermale e da un’attività sismica legata a eventi di fratturazione superficiale e a degassamento.
Le due eruzioni più recenti hanno età di circa 5000 e 3000 anni fa. Si tratta di eventi a basso indice di esplosività, avvenuti nel settore centrale dell’edificio vulcanico, a circa 850 metri di profondità, da coni di scorie con raggio minore di 400 metri. In caso di nuova eruzione sottomarina a basso indice di esplosività e a profondità di 500-1000 metri, l’unico segno in superficie sarebbe legato al degassamento e al galleggiamento di materiale vulcanico che rimarrebbe in sospensione per alcune settimane.
Studi recenti hanno tuttavia messo in evidenza la presenza di almeno 2 caldere, cioè grandi depressioni legate allo svuotamento di camere magmatiche superficiali, concentrate nel settore settentrionale del Marsili. Alcune di esse presentano evidenze morfologiche di collassi laterali.
Secondo gli ultimi risultati ottenuti in tutte le simulazioni effettuate, le onde di tsunami hanno il potenziale di raggiungere in poche decine di minuti le isole Eolie e le coste tirreniche. Per la valutazione dei collassi laterali dei vulcani sottomarini e della pericolosità di tali eventi è pertanto assolutamente prioritario, secondo gli esperti, effettuare una stima della stabilità dei versanti del vulcano, valutare il volume di roccia potenzialmente coinvolto, conoscerne le modalità di movimento lungo il pendio e, una volta noti tutti i parametri, verificare se il volume di roccia e la dinamica della frana sottomarina sono compatibili con l’innesco di uno tsunami.
Una nota rassicurante arriva dall’INGV.
“Ciò che conosciamo è ancora poco rispetto a quanto sarebbe necessario – scrivono dall’INGV – Tuttavia, nel record storico e geologico degli tsunami che hanno interessato le coste tirreniche, non vi sono evidenze di onde anomale ricollegabili a collassi laterali del Marsili. Non è però detto che nel futuro questi non si possano verificare e quindi una valutazione della stabilità del Marsili deve essere fatta raccogliendo più dati, così come sono necessari più dati relativi all’attività sismica e deformativa del vulcano sommerso. Tale valutazione è, in termini di stima della pericolosità potenziale da tsunami, scientificamente importante e socialmente doverosa“.