Si è tenuta ieri a Padula, presso la Sala Tiffany dell’Hotel Certosa, la presentazione del libro “Tag – Le parole del tempo” di Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, organizzata dall’ “Associazione Amici di Padula”.
Dopo i saluti di Vincenzo Spinelli, presidente dell'”Associazione Amici di Padula”, a guidare la conversazione con l’autore è stato Emilio Sarli, presidente del Caffè Letterario “Il Meridiano”.
“Il titolo del libro Tag intende farsi anello di congiunzione tra il libro stesso e il suo tempo, segnato dalla comunicazione informatica e dai suoi neologismi” – spiega il professore.
Il termine “tag” indica , infatti, una parola chiave o un termine associato ad un’informazione, che descrive l’oggetto rendendo possibile la classificazione e la ricerca di informazioni basata su parole chiave.
Domenico De Masi ne individua ventisei per scandire la realtà e il tempo nel quale viviamo: bellezza, lavoro, genio, disordine, ma anche luoghi dell’anima come Napoli o Roma, sono alcune delle parole che utilizza per dimostrare che quelli che per noi sono concetti scontati in realtà non lo sono affatto.
Il libro affronta temi importanti come la felicità, l’arte, il rapporto problematico con il tempo e il lavoro, la conoscenza, che ci rivelano gli aspetti più importanti della nostra cultura.
Il pubblico presente ha partecipato in modo diretto alla conversazione, attraverso domande ed interrogativi sulla realtà nella quale viviamo ed i problemi, le aspettative, le speranze ad essa legate.
“Il risultato non è un trattato di sociologia, un’anatomia e una fisiologia sistematiche della nostra società, impossibili data la natura frammentaria e schizofrenica della società stessa – scrive il professore De Masi – ma un patchwork di questioni cruciali che cerca di ricalcare il patchwork della realtà, scovandone i nessi”.
– Filomena Chiappardo –
Per cortesia, qualcuno può dirmi che diavolo significa quella parola (che sa d’indiani d’America) “PATCHWORK”?
Possibile che non ci sia stato nessuno che abbia “supplicato” l’emerito Professore di parlare in lingua (italiana) “sociologicamente” comprensibile?
Grazie!